23 | Asger Jorn
1914 – 1973
TZIGANE(S), 1958
olio su tela, cm 54,5×65.
Firmato in basso a destra: Jorn
Firmato, datato e titolato al verso: Jorn 1958 Tziganes
Provenienza
Geneve, Galerie Krugier et Cie (etichetta al verso);
Zurich, Galerie Charles Lienhard (etichetta al verso);
Milano, Galleria Arte Borgogna (etichetta al verso);
Milano, Galleria Lorenzelli (timbro al verso);
Trento, Collezione privata (e da qui per discendenza ereditaria).
Esposizioni
Geneve, Galerie D. Benador, Asger Jorn, dal 13 ottobre 1961, n. 19;
Zurich, Galerie Charles Lienhard, 1962-1963, n. 1232;
Basel, Kunsthalle, Asger Jorn, Eugene Dodeigne, 24 ottobre – 22 novembre 1964, n. 68;
Amsterdam, Stedelijk Museum, Jorn, 11 dicembre 1964 – 25 gennaio 1965, n. 79;
Humblebæk, Louisiana Foundation, Jorn, febbraio 1965, n. 81.
Bibliografia
G. Atkins, Asger Jorn. The crucial years 1954 – 1964, Lund Humphries Publishers Ltd, London 1977, pp. 255, 258, 263, 265, 267, 396 (cit.).
Opera registrata nell’addenda al supplemento del Catalogo ragionato dei dipinti di Asger Jorn a cura di Troels Andersen e Lucas Haberkorn con il numero: 127e
Stima € 35000 – 45000
Il lavoro qui presentato, datato 1958, è citato all’interno del secondo volume del catalogo ragionato dell’artista, che non a caso si intitola “Asger Jorn – The Crucial Years 1954 – 1964”: Guy Atkins, curatore e profondo conoscitore delle opere del maestro, non esitò infatti a definire il periodo attorno agli anni Cinquanta come “cruciale”, data la densità di opere formidabili concepite in questo lasso temporale e la fortuna critica riscontrata nelle diverse capitali dell’arte.
Alla fine di questo decennio, infatti, Jorn fu riconosciuto a livello internazionale tanto da vincere, nel 1964,
il prestigioso Guggenheim International Award. Tanto della personalità del grande artista può essere percepito dalla risposta che inviò al direttore rifiutando il riconoscimento: un uomo dal temperamento appassionato, anarchico, pronto a cambiare il mondo distruggendo le vecchie istituzioni, conscio del fatto che la società dovesse essere sovvertita attraverso il superamento dei polverosi meccanismi per creare un ambiente libero e spontaneo (si pensi alla successiva esperienza situazionista).
Come si arrivò a tutto questo?
Le premesse per questa estrema fecondità artistica si cominciarono a delineare già nel 1953, quando l’artista decise di lasciare la Danimarca con lo scopo di diventare una personalità affermata anche nel resto dell’Europa: l’eclettico artista si sentiva trascurato dal sistema dell’arte danese (che infatti non gli aveva ancora affidato sostanziose commissioni pubbliche) e dopo un lungo periodo di permanenza in ospedale per la tubercolosi, maturò la scelta di intraprendere una vita più “bohémienne” fatta di stimoli da cercare in nuovi ambienti artistici, come quelli francesi ed italiani. La sua discesa dal Nord – Europa cominciò l’inverno tra il 1953 e il 1954, facendo una prima tappa forzata in Svizzera, dove si sperava che l’aria delle Alpi potesse agevolare la sua guarigione. Da qui Jorn tenne una copiosa corrispondenza con Max Bill ed Enrico Baj; su invito di quest’ultimo e di Sergio Dangelo la primavera seguente giungerà infatti ad Albisola, capitale internazionale dell’arte e della ceramica.
Si potrebbe immaginare che una corroborante vacanza tra i monti potesse essere balsamo per il temperamento del “vichingo” (così veniva chiamato da Baj) ma così non fu: durante la fitta corrispondenza, infatti, Jorn andò in aperto contrasto con Max Bill, che in quel momento stava cercando di proseguire l’esperienza del Bauhaus con la “Scuola di Ulm” più di stampo funzionalista, e nella primavera del 1954, ormai trasferitosi ad Albisola, diede origine al contrapposto “Movimento Internazionale per una Bauhaus Immaginista” (MIBI). Jorn arrivò nella città ligure senza una casa dove far dormire moglie e figli, trovando come singolare alloggio una tenda nei prati del quartiere di Grana: nel periodo estivo trascorrevano il tempo in questa pittoresca sistemazione, mentre per quello invernale si accomodavano o in un alloggio al piano terra del centro storico di Albisola o a casa di Lucio Fontana a Pozzo Garitta. Nel 1957, anno della fondazione dell’Internazionale Situazionista a Cosio d’Arroscia, il danese acquistò due edifici e un terreno sulla collina in località Bruciati, che all’epoca versavano in uno stato di completo abbandono: l’artista insieme all’amico Umberto Gambetta, custode e tutto fare della proprietà, trasformò con il tempo questo spazio in meraviglioso luogo della fantasia, integrando nella struttura opere d’arte create talvolta con il “materiale di scarto” di varie produzioni (un esempio emblematico sono gli isolatori elettrici, disseminati in tutto il giardino, che vennero recuperati da Umberto Gambetta presso la società Scarpa & Magnano per la quale faceva l’operaio: la loro destinazione originale era quella di protezione dei contatti elettrici ma Jorn decise di riutilizzarli come piedistalli delle proprie sculture o come decorazione dei muretti del giardino).
La quotidianità ligure in questi anni venne inoltre intervallata da ripetute incursioni a Parigi, città in cui il grande maestro prese in affitto uno studio, grazie all’aiuto dell’amico Alechinsky, dove dipinse alcuni capolavori dalla chiara l’influenza albisolese per la presenza sulla tela di sabbia e superfici smaltate che ricordavano la ceramica.
Nel 1958, anno di realizzazione dell’opera presentata, siamo quindi nel cuore del periodo più straordinario della vita dell’artista: la ricchezza di stimoli di questi anni arriva a creare nel maestro una fortissima esigenza espressiva, finalmente libera da qualsiasi giudizio o preconcetto. Per ottenere qualcosa di nuovo bisogna lavorare in modo nuovo, ma non è facile abbandonare i meccanismi con i quali si è cresciuti, appresi automaticamente dalla società che ci circonda: ognuno di noi ha imparato a camminare, ma chi ha stabilito che il nostro passo sia sempre il più efficace ed esaustivo in ogni contesto? È possibile mettere in discussione un movimento apparentemente così basilare e innato? È questo che fa Jorn nell’arte, mettere in discussione tutti i meccanismi, dai più scontati, senza fornire una risposta, ma lasciando fluire spontaneamente la vera essenza dell’arte, ovvero la pura necessità di comunicare. Non c’è un giusto ed uno sbagliato, non c’è un modo migliore o peggiore, c’è solo la convinzione che l’artista debba mettersi a nudo, offrendo a chi guarda la tela la possibilità di condividere un’emozione, qui ed ora come per sempre.