Lotto 40

Françoise Gilot‭ ‬|‭ ‬1921 – 2023

 

SENZA TITOLO, 1967

biro su carta, cm 22,5×14,5.

Firmato e datato in basso a

sinistra: F. Gilot 3 Avril 1967

Dedicato in alto: Pour Anna

Opera eseguita sul frontespizio del volume:

F. Gilot e C. Lake, Vita con Picasso, Garzanti, 1965.

 

Provenienza

Milano, Collezione privata

(donato dall’artista);

Seveso, Collezione privata

(per discendenza ereditaria).

 

Si ringrazia Aurelia Engel per aver confermato

l’autenticità dell’opera sulla base della

documentazione fotografica.

 

Stima € 1.800 – 2.200

Il fatto che il disegno presentato sia stato realizzato sul frontespizio del volume “Vita con Picasso”, scritto dalla stessa pittrice Françoise Gilot, regala l’opportunità di immergersi tra le emozioni di una vita intensamente vissuta e a tratti travolta da una personalità complessa come quella del grande artista spagnolo. La nostra artista, infatti, fu sua compagna dal 1944 al 1953 e madre dei suoi figli Claude e Paloma: tutto cominciò con alcuni incroci di sguardi in un ristorante a Parigi e si concluse dieci anni dopo per volere della Gilot, fatto mai digerito da Picasso che riteneva inconcepibile che una donna volesse allontanarsi da lui. Chi era questa giovane ragazza capace di rifiutare il grande artista spagnolo?

Françoise Gilot quando conobbe Picasso aveva appena ventuno anni (contro i sessantuno di lui) ed era una giovane pittrice proveniente da una famiglia media, dove il padre, desiderando maggiormente un figlio maschio, l’aveva cresciuta consolidando in lei un temperamento piuttosto mascolino: nella sua infanzia non vi era stato spazio per timori o paure mentre il rischio e il superamento dei propri limiti era all’ordine del giorno. Lei stessa affermò che la sua educazione contribuì molto nel suo avvicinamento a Picasso, già comprendendo pienamente la complessità a cui sarebbe andata in contro gravitando attorno a lui: 

 

“Più tardi questa psicologia fu controproducente anche per me. Quando una cosa mi faceva paura ne ero al tempo stesso affascinata. Sentivo il bisogno di spingermi oltre solo per provare a me stessa che ne ero capace. E quando incontrai Pablo capii che in quell’avvenimento c’era qualcosa di più grande di me, come una sfida a me stessa” (ibidem). 

 

Françoise Gilot fu l’unica donna capace di sopravvivere alla tempesta emotiva e psicologica che Picasso offriva alle sue compagne: non solo ne uscì per sua volontà ma fu anche capace di sopportare tutto ciò che ne conseguì, imparando a convivere con l’estrema solitudine che Picasso, amareggiato, generò attorno a lei dopo la rottura. È La stessa donna a concludere il libro con la parabola della loro relazione:

 

“Quel primo pomeriggio in cui io andai a trovarlo da sola, nel febbraio del 1944, Pablo mi aveva detto di sentire che la nostra relazione avrebbe portato la luce nella vita di entrambi. La mia comparsa nella sua vita, disse, era come una finestra che si apriva e che voleva restare aperta. Lo volli anch’io finché la finestra lasciò penetrare la luce. Quando non è stato più così, l’ho chiusa, molto a malincuore. Da quel momento Pablo ha bruciato tutti i ponti che mi univano al passato che avevo diviso con lui. Ma così facendo mi ha costretta a scoprire me stessa e, ugualmente, a sopravvivere. Non finirò mai di essergliene grata” (ibidem).

 

Nei dieci anni trascorsi è inutile nascondere che la giovane dovette subire le gioie e i dolori di vivere accanto ad una personalità come quella di Picasso: egocentrico, umorale, capace di grande sensibilità ma al tempo stesso violentemente crudo nelle sue affermazioni. La Gilot dal canto suo reagiva a questi atteggiamenti in modo spiazzante: nessuno scoppio d’ira, nessuna scenata di gelosia ma estremo controllo nel lasciare trasparire in pubblico le emozioni. La grande maturità della donna le permise di accostarsi con misura ad un uomo che l’avrebbe potuta distruggere, riuscendo a mantenere (seppur con estrema fatica) la forza di allontanarlo: ciò che aveva unito la coppia era sicuramente la loro affinità mentale che li portava a lunghissime discussioni sull’arte, mentre ciò che la divideva era l’incapacità del pittore di comprendere la necessità di un equilibrio tra le parti. La Gilot riuscì a trascorrere questi dieci anni mantenendo un’estrema devozione verso di lui ma pian piano qualcosa in lei si andò consumando fino ad arrivare alla consapevolezza di voler vivere la propria vita senza dover occuparsi in modo totalizzante degli umori dell’uomo. La personalità di Picasso era talmente ingombrante, infatti, che la Gilot faticò molto per portare avanti la sua carriera di pittrice, sia dal punto di vista pratico che artistico: si esercitava in casa in modo tale da tenere d’occhio anche i bambini (con tutte le interruzioni che potevano conseguirne) e si dedicava maggiormente al disegno cercando di mantenere uno stile indipendente dalle influenze picassiane con cui aveva a che fare così intimamente. Dopo la rottura, Picasso mantenne un primo momento di neutralità che però si sgretolò quasi subito: si impegnò a fare terrà bruciata attorno alla donna sia nella cerchia di amici sia in quella dei mercanti.

La pittrice, infatti, si vide anche rifiutate le proprie opere da alcuni di essi, i quali temevano ritorsioni dello spagnolo. Ovviamente egli osteggiò anche l’uscita di questo libro, denunciandola, ma fortunatamente non ottenne molto poiché il testo venne considerato dai giudici equilibrato e non offensivo.

La copia qui presentata venne regalata dalla Gilot ad “Anna” durante un aperitivo tenutosi a casa della collezionista: all’interno vi è anche una fotografia autografata che ritrae la pittrice insieme ad Aligi Sassu in occasione di una mostra organizzata alla Galleria 32 di Milano nel dicembre del 1965.

È chiaro come Françoise Gilot fu non solo una straordinaria artista ma anche una straordinaria donna: poco più che ragazzina aveva dimostrato una maturità immensa, sopravvivendo da sola in una quotidianità destabilizzante, imparando a trattenere ciò che di preziosissimo nasceva dal rapporto con quell’uomo e lasciando andare le insicurezze che lui stesso cercava di insinuarle. Tale grandiosità fu compresa bene anche dalla stessa collezionista a cui venne regalato questo libro che infatti appuntò nell’ultima pagina del volume una frase tratta dall’opera teatrale “Un nemico del popolo” di Henrik Ibsen “L’uomo più forte è quello che resiste di più da solo.”