FRANCO ANGELI (Roma 1935 – 1988)

Nato a Roma nel 1935, da una famiglia di dichiarati antifascisti, cominciò già a nove anni a lavorare in impieghi di fortuna per aiutare la madre malata. Pur non avendo frequentato corsi d’arte regolari nel 1957 cominciò a dipingere ma poco dopo fu chiamato alle armi, svolgendo il servizio militare a Orvieto. Ritornato a Roma si avvicinò allo scultore Edgardo Mannucci, frequentando il suo studio e lì fece la conoscenza di Alberto Burri. Profondamente segnato dalla pittura di quest’ultimo, Angeli dipinse le sue prime tele con colori cupi e densi, con materiali come bende e stoffe, riportando anche alla mente le strazianti immagini a cui il pittore aveva dovuto assistere durante il bombardamento di Roma del 1943. Espose le sue opere a Roma soprattutto presso la Galleria La Salita e la Galleria La tartaruga: quest’ultima divenne uno dei punti di riferimento di un gruppo che si andò formando, ovvero “La Scuola di Piazza del Popolo”. Il gruppo fu formato in un primo momento da Angeli, Mario Schifano, Tano Festa, Giuseppe Uncini e Giosetta Fioroni, ma ben presto si unirono al movimento altri artisti come Pino Pascali, Renato Mambor e Jannis Kounellis. Il movimento ruotava attorno anche ad un secondo luogo, il caffè “Rosati” dove non si riunivano solo pittori ma anche poeti, letterati e registi in un crogiolo culturale estremamente attivo, tipico della Roma degli anni Sessanta. Nel dopoguerra infatti forte era l’influenza della nuova cultura di massa, della cultura pop proveniente dall’America, ormai sempre più vicina. Le tele di Angeli rispondevano a questo clima affollandosi di simboli, soprattutto legati al potere, come la lupa capitolina, le svastiche e la falce con il martello, frapponendo però tra esse e lo spettatore un velo di tulle, quasi a voler simboleggiare un filtro comunicativo tra il potere e il popolo. La pittura di Angeli non era una pittura superficiale che associava in maniera vuota i simboli utilizzati ma anzi fu sempre politicamente attento agli avvenimenti che lo circondavano: così dopo la guerra del Vietnam ecco che spuntarono nelle sue tele dei piccoli aeroplani, dai caratteri quasi giocosi, ma che in realtà simboleggiavano l’orrore dei bombardamenti. Non perse mai il forte interesse sociale riprendendo più volte il tema della guerra virando negli ultimi anni a rappresentazioni quasi metafisiche costellate da elementi geometrici e piazze deserte.