MARIO SIRONI (Sassari 1885 – Milano 1961)
Nato a Sassari nel 1885, si trasferì già in tenera età a Roma, dove intraprese i suoi studi. Rimase orfano di padre all’età di tredici anni e fu avviato a studi tecnici, affiancandovi lo studio privato della musica e della letteratura insieme alla sorella Cristina, pianista promettente. Nel 1902 si iscrisse alla facoltà di Ingegneria che frequentò per un solo anno, sentendo la vocazione artistica dirompente. Dall’animo molto introverso e tendente alla depressione, frequentò la Scuola Libera di Nudo in via Ripetta e lo studio di Giacomo Balla. Qui fece la conoscenza di Severini e Boccioni, che divenne il suo più grande amico. Fu uno dei più grandi sostenitori del gruppo “Novecento” e approfondì in particolare gli aspetti di una ritrovata pittura murale: nel 1933 pubblica il “Manifesto della pittura murale” che trova il favore di altri due colleghi, Carrà e Funi. La sua pittura venne sempre associata al fascismo, come se l’artista stesso cercasse di teorizzare un’estetica del movimento, ma fu in realtà una pittura con una vocazione più sociale rivolta verso il popolo, nell’accezione di una pittura rivolta non più ai salotti borghesi ma alle piazze, e una poetica a sostegno della rinascita dell’Italia, nella speranza anche di una rinascita dell’arte italiana. Il suo stile sia nelle raffigurazioni di persone che nella realizzazione delle vedute di periferia fu di stampo classico, mantenendo una prospettiva lineare e una semplificazione delle forme a solidi metafisici. Il pittore fu comunque vicino al fascismo fino alla fine aderendo alla Repubblica di Salò, rischiando addirittura, alla caduta del regime, di essere fucilato. La caduta del regime fu per lui, uomo dall’animo chiuso, un momento di grande smarrimento anche se non smise di dipingere, pur accogliendo con disillusione i premi che gli venivano consegnati. Morì nell’agosto del 1961 dopo aver combattuto contro un’artrite progressiva.